Psico-Pillola, Sostegno al genitore

La Rabbia del Bambino/Ragazzo

In queste ultime settimane mi sono trovata a fare i conti con varie esplosioni di rabbia e aggressività, in bambini e ragazzi, in fasce d’età che vanno dalle primarie alle superiori, con manifestazioni diverse, ma forse medesimo significato.

Bambini solitamente miti hanno mostrato comportamenti distruttivi verso l’ambiente e, possibilmente, verso di me. Ho dovuto chiedermi quali pianeti stessero attraversando il loro cielo in modo così simultaneo e la risposta è stata abbastanza semplice: per tutti era ricominciata la scuola. E questo mi ha portata a farmi delle domande.

Essendo questa una psico-pillola sarò breve, non entrerò in interpretazioni psicanalitiche o strutturali. Voglio solo condividere un pensiero che magari potrà essere d’aiuto a molti di noi nell’affrontare queste improvvise, e per noi inspiegabili, crisi.

Spesso il bambino usa la rabbia e l’aggressività come semplice scarico di tensione emotiva: magari sono tornati a scuola felici e ci vanno volentieri, ma il livello di attivazione ha alzato l’asticella. Non a caso questi atteggiamenti si mostrano per lo più a casa o in setting terapeutico, laddove il bambino si sente libero di “lasciar andare”.

Nell’adolescente possono aggiungersi lunghi pianti immotivati, la spiegazione è la stessa.

Che fare? Inutile cercare di capire e ragionare, se dopo le prime domande non appaiono motivi concreti.

Possiamo solo ACCOGLIERE, dire “Ti capisco” invece che arrabbiarci a nostra volta, dare un abbraccio anzicchè parole, o semplicemente lasciare tempo e spazio per sbollire se il nostro intervento sta peggiorando  la situazione.

rabbiaRicordiamo anche che la rabbia è un sentimento come gli altri e reprimerla, a prescindere, non è mai utile.

Soprattutto non dimentichiamoci di RINGRAZIARE il bambino/ragazzo che, come può, ci ritiene un luogo sicuro dove mostrarsi senza maschere e, se sarà opportuno, riprendiamo il dialogo quando la buffera sarà passata.

Però ATTENZIONE!!!

Se questi atteggiamenti dovessero protrarsi nel tempo o essere una caratteristica stabile, è probabile che siano presenti aspetti depressivi: mentre l’adulto si chiude in sé il bambino urla il suo dolore!

Non lo sottovalutiamo.

 

Psico-Pillola, rilassamento, terapia

Disturbi psicosomatici e Training Autogeno

Cosa sono i disturbi psicosomatici?

Più volte in questo blog ne abbiamo parlato, ma oggi vogliamo accennare a quella componente psicologica e neurobiologica che li mette in moto. Come sempre ne parleremo in modo estremamente semplificato: ci interessa qui solo comprendere come funzioniamo, senza entrare nei dettagli che competono ai professionisti, che possono eventualmente aiutarci ad approfondire.

La Psicosomatica è quella branca della medicina e della psicologia che si occupa di patologie che non hanno una causa organica immediatamente riscontrabile, la cui origine è da ricercarsi in particolari condizioni psichiche. Questo NON SIGNIFICA che chi ha un disturbo psicosomatico se lo è inventato né tanto meno che se lo immagina. Il disturbo o la malattia psicosomatica sono reali come qualunque altra malattia, soltanto che la causa iniziale non è stato un battere, un virus, una lesione, ma una condizione interna di natura emotivo-psicologica. Ma quando il disturbo si è manifestato nel corpo, e magari si è già fatto malattia, si deve curare nel corpo oltre che cercarne le cause nella mente, ammesso che tra corpo e mente vi sia una distinzione. Attualmente, infatti, la maggior parte degli scienziati ritiene che questa distinzione non esista. Si parla piuttosto di EMBODDIED COGNITION, SELF EMBODDIED, EMBODDIED EMOTION: cognizione/IO/emozione-incarnata. Tutto ciò che viviamo e pensiamo, perciò, avrebbe una corrispondente attivazione nel corpo. Spesso sono attivazioni muscolari, viscerali, endocrine così impercettibili che sfuggono alla nostra consapevolezza, eppure sono tanto veloci quanto intense. Così intense che, se ripetute nel tempo, cominciano ad essere un disturbo nella parte che si attiva e, se ignorate, possono diventare una vera e propria malattia. E’ importante quindi sapere che questo accade, sempre! Ed è quindi importante imparare ad ascoltarsi, a conoscersi, ad individuare queste attivazioni prima che divengano permanenti.

Il Training Autogeno è un valido strumento per imparare questo ascolto di se stessi. Vi sono anche altri validi strumenti, ovviamente, ma personalmente mi sono appassionata a questo perché ha solide basi, anni di riscontri e, soprattutto, rende la persona indipendente da una guida esterna. Il metodo nasce infatti dalle osservazioni di J. H. Shultz, psichiatra tedesco che, usando l’ipnosi con i suoi pazienti, notò come tutti raccontassero “al risveglio” alcune esperienze fisiche. Decise perciò di provare a fare il percorso inverso e la sua intuizione fu geniale: partendo dal corpo si può indurre uno stato simile all’ipnosi vigile, a cui  le persone che lo praticano regolarmente possono giungere da sole.

E’ soprattutto importante sapere che il TA non ha come obiettivo il “rilassamento”, che comunque si ottiene. L’obiettivo del TA è IL RIEQUILIBRIO DEL SISTEMA NERVOSO AUTONOMO, RISCRIVENDO I CIRCUITI NEURALI.

Tutto ciò permette di ottenere rapidamente benefici sia a livello fisico che mentale, in autonomia, DOPO aver imparato il metodo con una persona esperta ed autorizzata: è bene ricordare che uno strumento buono, in mani inesperte, può diventare un’arma pericolosa( vedi nota).

Nelle sezioni dedicate di questo sito (Corsi di Rilassamento), si può vedere che le formule proposte dallo Studio FisicaMente, per apprendere il TA o altri metodi di rilassamento, sono varie. La novità di quest’anno è la formula del week-end intensivo. Il vantaggio di questa formulazione è il breve tempo in cui ci si può portare a casa lo strumento sebbene, a differenza di un percorso settimanale, non dia modo di discutere le esperienze fatte a casa durante la settimana. Abbiamo però pensato a questa proposta, proprio per chi non riesce a trovare uno spazio costante nella sua agenda e l’esperienza già vissuta il 6 e 7 luglio, ci ha mostrato che anche lo stare assieme due giorni consecutivi, vivendo questa realtà in modo intensivo, apre finestre diverse, ma su paesaggi altrettanto splendidi.

Ripropongo perciò il “Modulo Base” il 21 e 22 settembre 2019 (iscrizioni entro il 20 agosto), mentre con chi ha già fatto l’esperienza ci diamo appuntamento il 16 e 17 novembre 2019 (iscrizioni entro il 10 ottobre).

Un’altra opportunità, per chi volesse solo “assaggiare”, o “ri-gustare”, è quella del mini-stage che si terrà tra le meravigliose Alpi Carniche, presso il rifugio “F.lli De Gasperi” il 16 e 17 agosto (iscrizioni entro il 12 agosto).

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Se desideri altre informazioni contattami pure!

Buona estate!!

NOTA. Facciamo veramente attenzione: internet ha aperto grandi possibilità nel bene come nel male. E come non mancano le persone oneste e scrupolose così non manca chi approfitta di corsi venduti vergognosamente on-line, che alla fine rilasciano attestati molto simili a quelli veri. Come possiamo difenderci? Facendo attenzione! Ma tanta, perchè una cosa in cui queste persone sono davvero  brave è il saperci raggirare attraverso i nostri punti deboli. Occhio ai “titoli” che esibiscono quindi: quando accanto al nome della tecnica trovate diciture come “mediatore di”, “facilitatore di”, “accompagnore in”…alzate le antenne: molte volte sono escamotage letterari per aggirare l’ABUSO DI PROFESSIONE. Questi metodi, nella loro formulazione autentica, sono di SOLA PERTINENZA DI MEDICI E PSICOLOGI. Gli altri potrebbero fare danno, nel migliore dei casi vi stanno solo frodando.

Mi sono dilungata su questa cosa perchè non passa giorno in cui non legga di truffe, specialmente su facebook: ricordiamo che tutti possono scrivere quello che vogliono, e ciò che si scrive non sempre è vero. Affronto questo delicato tema a malicuore, ma devo farlo per obbligo etico e deontologico, poichè la promessa dell’operatore sanitario è: NON NUOCERE E TUTELARE L’UTENTE. L’importante è essere consapevoli di chi abbiamo scelto per la nostra salute. Se sappiamo che stiamo battendo vie sperimentali ed alternative siamo liberi di farlo, purchè lo stiamo facendo per libera scelta e non sotto inganno.

Psico-Pillola

“Lento” o “Troppo veloce”?

La seconda psico-pillola si è fatta un po’ attendere, ma come previsto faremo una breve e veloce sorvolata su un problema che si presenta più spesso di quanto si pensi.

Parliamo di difficoltà scolastiche inspiegabili.

Non stiamo quindi prendendo in considerazione le difficoltà di quei bambini/ragazzi che presentano Disturbi Specifici di Apprendimento o qualche altro ostacolo su un percorso scolastico fluido e sufficientemente facile. Stiamo considerando quei bambini/ragazzi che NON hanno alcun tipo di difficoltà nel parlare, nel leggere, nello scrivere nel contare e che spesso, comunque, se ne escono con frasi incomprensibili e quaderni inguardabili.

Qual è quindi il problema? Come mai questi bimbi/ragazzi, solitamente così brillanti e acuti, all’improvviso sembrano incapaci di pensare? Inutile dire che viene facile classificarli come svogliati e incostanti, ma facciamo attenzione a quello che loro stessi ci dicono.

Se ci sembra che nostro figlio rientri in questa categoria di “spensierati”, allora proviamo a guardare se lui per primo si stupisce di non riuscire a dire quello che sta pensando, se lui stesso non si capacita di avere la soluzione del problema di matematica, senza sapere come ottenerlo.

Se è così, rassereniamoci: probabilmente abbiamo un figlio molto intelligente.

Il fondamento neurofisiologico di questa affermazione sta nel modo in cui avviene lo sviluppo cerebrale umano.

Quando nasciamo, infatti, il nostro cervello non è completo e questo permette all’individuo di adattare le proprie strutture “di partenza” all’ambiente in cui nasce. Chi nasce in Italia, ad esempio, ha lo stesso cervello di chi nasce in Giappone, ma non sarà così quando sarà vecchio: le aree cerebrali, infatti, si saranno specializzate diversamente, quantomeno nelle zone deputate al linguaggio.

Cosa c’entra questo con i bambini di cui stavamo parlando? C’entra perché le aree cerebrali maturano dunque nel tempo, ma non tutte insieme!

E qui sta la chiave. Può accadere che la comprensione sia più veloce della produzione, che il pensiero per immagini sia più veloce di quello traducibile a parole, etc. Da qui la discrepanza da noi osservabile: hanno capito e non lo sanno dire, hanno imparato e non lo sanno fare. Il tutto si risolverà spontaneamente quindi, via via che la crescita procede. Nel frattempo possiamo aiutare questi cuccioli invitandoli a rallentare, a pensare con ordine e poi a parlare, oppure fornendo loro esempi concreti e giocosi, evitando di fare correzioni dirette. Infatti, se i nostri figli sono “pensatori veloci” probabilmente avranno una creatività estrema e una sorprendente fantasia, facciamo quindi attenzione a valorizzare questi aspetti anziché mortificarli obbligandoli alle nostre categorie di apprendimento.

Ovviamente, come sempre, questo argomento è molto più lungo e complesso di così: abbiamo qui solo lanciato un’idea, sperando sia illuminante per qualche genitore che si sta chiedendo come fare davanti ai voti di quel suo bambino che, per contro, sa creare un campo da golf solo guardando tre cose rotte!

Psico-Pillola

Perché mi arrabbio se non lo voglio?

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Dal web
Premessa. L’intento della Rubrica PsicoPillole, è quello di offrire piccoli spunti di riflessione e informazione nell’ottica della psicoeducazione (vedi Psico-Pillole). Perciò troverai qui solo i principi generali sull’argomento considerato, in modo tale da non appesantire l’articolo. Chiunque fosse poi interessato ad approfondire uno degli aspetti, può chiederlo sia in privato che suggerendo un altro articolo specifico, dando occasione anche ad altri di sviluppare l’argomento.

A chi non è mai capitato di essersi riproposto più volte di non reagire davanti a determinate situazione e poi… BOOM, appena ci siamo trovati davanti al fatto o alla persona con cui NON volevamo reagire, siamo esplosi come se non potessimo fare nulla per fermare lo scoppio. Noi per primi siamo rimasti mortificati, perché tutt’ora non riusciamo a spiegarci da dove siano uscite le parole che abbiamo pronunciato e perché siano uscite.

Le teorie più classiche parlano di “sopravvento” della nostra parte bambina su quella adulta e razionale, ma gli ultimi studi, resi possibili dai progressi della neuroimmagine, ci offrono un quadro più completo dei processi che avvengono anche a livello cerebrale, non solo mentale, e questo ci apre un nuovo quadro di spiegazioni.

In parole più povere possibili, si è evidenziato che in questi casi siamo guidati, nelle nostre reazioni, da quella stessa via neurale che si attiva quando ci troviamo in pericolo.

Normalmente abbiamo due strade nel cervello per rispondere alle emergenze:

  • Una via “bassa”, in comune con tutti gli esseri viventi, che risponde velocemente, senza valutazione e ragionamento, a ciò che pare essere un pericolo. La risposta può essere solo di due tipi: attacca o fuggi. Il luogo fisico di questa via è in profondità nel cervello, quella via che funziona dalla nascita, quella che conserva memorie di eventi pericolosi e si attiva in automatico.
  • Una via “alta”, razionale, che ha sede fisica nella corteccia cerebrale, la parte solo umana del cervello, quella che finisce di maturare verso i 20 anni (quando diciamo ai ragazzi “ragiona prima di agire!”, chiediamo una cosa non completamente possibile!!), quella che valuta se il pericolo è reale e può decidere se far partire una reazione oppure no.

Quando ci “scappa” una reazione di rabbia non prevista e non voluta, la verità è che il nostro sistema “basso” ha valutato che quella situazione era per noi un pericolo per la vita e ha attivato la modalità “attacca”, prima ancora che la via “alta” potesse entrare in gioco.

Quello che dobbiamo dunque chiederci, non è perché mi arrabbio se non lo voglio (cosa che ci fa sentire “cattivi”), ma: QUALE PAURA E/O FERITA HA SVEGLIATO IN ME QUESTA SITUAZIONE?

E’ evidente che con questa consapevolezza si passa, nella nostra mente, ai nostri occhi, da “aggressori” a “vittime” (di ricordi ed esperienze passate),  cominciando a liberarci da quei sensi di colpa che ci fanno ancor più arrabbiare, verso noi stessi questa volta. La conseguenza è smettere di punirci e cominciare a prendere coscienza, cura e compassione di ciò che abbiamo dentro e questo, probabilmente, porterà a poter controllare quei ricordi e le loro inattese espressioni. Vietarci di provare rabbia non porta che ad altra rabbia! Ascoltarci con pazienza porta a poterci guardare dentro cercando una via d’uscita e pacificazione.

Riassumendo: spesso la rabbia è dolore non espresso, è ingiustizia subita e mai riscattata….

Ti ci ritrovi? Ti capita?

Sperando di averti dato una piccola chiave di lettura in più…