
Premessa. L’intento della Rubrica PsicoPillole, è quello di offrire piccoli spunti di riflessione e informazione nell’ottica della psicoeducazione (vedi Psico-Pillole). Perciò troverai qui solo i principi generali sull’argomento considerato, in modo tale da non appesantire l’articolo. Chiunque fosse poi interessato ad approfondire uno degli aspetti, può chiederlo sia in privato che suggerendo un altro articolo specifico, dando occasione anche ad altri di sviluppare l’argomento.
A chi non è mai capitato di essersi riproposto più volte di non reagire davanti a determinate situazione e poi… BOOM, appena ci siamo trovati davanti al fatto o alla persona con cui NON volevamo reagire, siamo esplosi come se non potessimo fare nulla per fermare lo scoppio. Noi per primi siamo rimasti mortificati, perché tutt’ora non riusciamo a spiegarci da dove siano uscite le parole che abbiamo pronunciato e perché siano uscite.
Le teorie più classiche parlano di “sopravvento” della nostra parte bambina su quella adulta e razionale, ma gli ultimi studi, resi possibili dai progressi della neuroimmagine, ci offrono un quadro più completo dei processi che avvengono anche a livello cerebrale, non solo mentale, e questo ci apre un nuovo quadro di spiegazioni.
In parole più povere possibili, si è evidenziato che in questi casi siamo guidati, nelle nostre reazioni, da quella stessa via neurale che si attiva quando ci troviamo in pericolo.
Normalmente abbiamo due strade nel cervello per rispondere alle emergenze:
- Una via “bassa”, in comune con tutti gli esseri viventi, che risponde velocemente, senza valutazione e ragionamento, a ciò che pare essere un pericolo. La risposta può essere solo di due tipi: attacca o fuggi. Il luogo fisico di questa via è in profondità nel cervello, quella via che funziona dalla nascita, quella che conserva memorie di eventi pericolosi e si attiva in automatico.
- Una via “alta”, razionale, che ha sede fisica nella corteccia cerebrale, la parte solo umana del cervello, quella che finisce di maturare verso i 20 anni (quando diciamo ai ragazzi “ragiona prima di agire!”, chiediamo una cosa non completamente possibile!!), quella che valuta se il pericolo è reale e può decidere se far partire una reazione oppure no.
Quando ci “scappa” una reazione di rabbia non prevista e non voluta, la verità è che il nostro sistema “basso” ha valutato che quella situazione era per noi un pericolo per la vita e ha attivato la modalità “attacca”, prima ancora che la via “alta” potesse entrare in gioco.
Quello che dobbiamo dunque chiederci, non è perché mi arrabbio se non lo voglio (cosa che ci fa sentire “cattivi”), ma: QUALE PAURA E/O FERITA HA SVEGLIATO IN ME QUESTA SITUAZIONE?
E’ evidente che con questa consapevolezza si passa, nella nostra mente, ai nostri occhi, da “aggressori” a “vittime” (di ricordi ed esperienze passate), cominciando a liberarci da quei sensi di colpa che ci fanno ancor più arrabbiare, verso noi stessi questa volta. La conseguenza è smettere di punirci e cominciare a prendere coscienza, cura e compassione di ciò che abbiamo dentro e questo, probabilmente, porterà a poter controllare quei ricordi e le loro inattese espressioni. Vietarci di provare rabbia non porta che ad altra rabbia! Ascoltarci con pazienza porta a poterci guardare dentro cercando una via d’uscita e pacificazione.
Riassumendo: spesso la rabbia è dolore non espresso, è ingiustizia subita e mai riscattata….
Ti ci ritrovi? Ti capita?
Sperando di averti dato una piccola chiave di lettura in più…
